La via laterale diretta all’anca è ancora una valida alternativa ai moderni approcci mininvasivi?

C.A.M. Ripamonti, A.Voto, F.Ravasi – ASST Melegnano Martesana

 

La via laterale diretta (DLA) spesso chiamata anche approccio di “Hardinge” o “Transgluteo” è, come riportato in letteratura, il secondo approccio chirurgico all’anca più comunemente utilizzato nel mondo, dopo la via posterolaterale. Hardinge ha descritto un’utile modifica alla originale via di accesso transglutea di McFarland e Osborne. Questa modifica si basa sull’osservazione che il gluteo medio si inserisce sul grande trocantere per mezzo di un tendine robusto che curva attorno all’apice del trocantere; il tendine, nella variante di Hardinge, viene sezionato seguendone le fibre in senso disto-prossimale.

Storicamente la DLA è sempre stata etichettata come approccio “invasivo” in conseguenza della dissezione del piano muscolo-tendineo del medio gluteo e, nella maggior parte dei casi, anche del tendine del piccolo gluteo, causa dell’insufficienza del ventaglio gluteo, espressa clinicamente dal segno di Trendelemburg. Inoltre la DLA è considerata la via chirurgica gravata da maggiori perdite ematiche intra operatorie.

Negli ultimi 20 anni la chirurgia Ortopedica si è focalizzata sulla ricerca di approcci chirurgici mininvasivi atti a garantire un maggiore risparmio tissutale ed osseo. Per tale motivo l’accesso chirurgico all’anca per via anteriore secondo Hueter, anche in approccio mininvasivo, (AMIS) è tornato in auge. L’accesso anteriore, garantendo una conservazione dei piani muscolari, permetterebbe una ripresa funzionale più rapida nell’immediato postoperatorio, e una minore perdita ematica, oltre ad eventuali migliori risultati estetici (accesso bikini). Questi teorici e tanto ricercati effetti spingono molti ortopedici ad utilizzare sempre più frequentemente questa via di accesso lasciando nell’ombra vie più “classiche” come la DLA.

Sorge quindi spontaneo porsi delle domande:

  1. In che misura la DL A danneggia il ventaglio gluteo?
  2. La dissezione parziale del tendine del piccolo e medio gluteo sono davvero causa di ritardo nel recupero funzionale post-operatorio?
  3. Il Trendelemburg è presente in tutti i pazienti sottoposti a chirurgia con accesso laterale?
  4. La Via Anteriore offre davvero i vantaggi ipotizzati?

L’elemento centrale che genera perplessità e dubbi quando utilizziamo l’approccio DLA è sicuramente il futuro del Medio Gluteo. La maggior parte di noi, infatti, pensa che quest’ ultimo vada incontro a degenerazione adiposa totale o a denervazione dopo essere stato parzialmente dissecato durante l’esecuzione dell’atto chirurgico.

Tuttavia, secondo alcuni studi la DLA non è una via di accesso così “cruenta“ e “invasiva” come si può pensare.

Studi effettuati con RMN hanno dimostrato come nel follow-up siano stati rilevati scarsissimi fenomeni di degenerazione adiposa, contrariamente a quanto si possa pensare.

Studi elettromiografici dimostrano che, dopo una corretta esecuzione della via di accesso, senza estensione prossimale attraverso il ventre muscolare del medio gluteo, non si assiste alla denervazione muscolare né tantomeno quindi al deficit stenico del Medio Gluteo.

Sicuramente le perdite ematiche e il danno muscolare nella AMIS sono ridotte, quando eseguite correttamente. Riguardo il primo aspetto, risultano fondamentali l’isolamento e la legatura della branca ascendente della circonflessa anteriore, mentre, per il secondo occorre prestare attenzione alla scelta del paziente oltre che alla tecnica chirurgica stessa.  Non di rado infatti una via anteriore su un paziente con muscolatura ipertrofica sfocia in un danno muscolare.  Altra problematica da considerare nell’approccio anteriore è l’utilizzo o meno di un apposito letto di trazione, anch’esso non scevro da possibili complicanze (eccessiva trazione con possibili complicanze neurologiche), benché utile in talune fasi del gesto chirurgico. Occorre anche considerare la maggior frequenza di fratture intraoperatorie riportata in letteratura, in quanto la gestione delle stesse potrebbe risultare meno agevole nell’estensione distale di tale approccio.

In relazione al dimostrato danno tissutale proprio della DLA, ci si aspetterebbe che i risultati clinici, quali la ripresa funzionale, possano essere inferiori rispetto ad approcci definiti conservativi.

A tal proposito sono stati svolti diversi studi che mettono a confronto i risultati clinici della DLA con la AMIS senza dimostrare la superiorità dell’una rispetto all’altra, mentre sono davvero pochissimi gli studi basati sulla gait analysis.

Nella nostra U.O. abbiamo condotto uno studio per valutare le differenze in termini di ripresa funzionale postoperatoria tra DL e AMIS utilizzando oltre ai classici parametri clinico funzionali, la gait analysis.

Attualmente il campione è ancora esiguo (18 AMIS vs 21DLA) con follow-up a 3 e 6mesi.  I risultati a 3 mesi non dimostrano una differenza significativa tra i 2 approcci: AMIS E DL hanno risultati sovrapponibili in termini di HHS e FJS.

Anche i parametri rilevati dalla gait analysis risultano solo lievemente migliori per AMIS e non statisticamente significativi per tutti i parametri indagati (Velocità, cadenza, simmetria, lunghezza del passo)

 

Una osservazione risulta, invece, essere fondamentale: in nessuno dei casi studiati DLA abbiamo osservato il segno di Trendelemburg.

Purtroppo quelli mostrati sono solo dati preliminari che risultano però in accordo con altri lavori presenti in letteratura, aggiungendo un’ulteriore testimonianza alla comprovata efficacia della DLA.

Sicuramente la corretta esecuzione della via di accesso è fondamentale per la conservazione del piccolo e medio gluteo, così come per la sua successiva ricostruzione.

Per quanto riguarda i parametri funzionali, una osservazione riguarda la tempistica di miglioramento clinico: abbiamo effettivamente notato che nell’immediato postoperatorio i pazienti operati con AMIS presentavano risultati migliori in termini di dolore e ripresa alla deambulazione.

Questo vantaggio, visibile solo nei primi giorni postoperatori, sembra già essere ridotto dalla 4-5 giornata per poi risultare equiparabile a 3 mesi.

L’unica differenza effettiva che abbiamo notato è che, pur in presenza di un corretto gesto chirurgico e di un’adeguata profilassi atta a ridurre le calcificazioni periprotesiche, l’approccio anteriore presenta un minor rischio di sviluppo delle stesse.

 

La AMIS presenta alcuni vantaggi che però non sembrano essere così rilevanti da poter giustificare una conversione completa a questa via di accesso. Quest’ultima risulta piuttosto un approccio da utilizzare in casi selezionati considerando una rigorosa selezione del paziente

Per quanto riguarda invece vie di accesso come la DL, non possiamo considerarle obsolete perché “fuori moda”. In altre parole la questione deve risolversi non tanto in DLA Vs AMIS, quanto piuttosto in termini di esperienza chirurgica. Dobbiamo ricordare sempre quanto sia fondamentale la manualità nel nostro lavoro quotidiano e che la stessa matura di pari grado con la nostra esperienza chirurgica. Il progresso non può esclusivamente essere rappresentato dal cambiamento di un approccio quanto piuttosto nel maturare consapevolezza e capacità di gestione del gesto chirurgico, nonché delle sue eventuali complicanze.